sabato 15 novembre 2008

Gynoug

Altra incredibile perla arcade donata da Masiya ai possessori di Megadrive nel 1991, Gynoug non ha alcuna pretesa di andare a rivoluzionare le meccaniche di gioco del genere, preferendo rivolgere uno sguardo estremo alla caratterizzazione estetica di un design dalle fosche tinte neogotiche in cui si risente un certo influsso gigeriano fonte di ispirazione per un bestiario nemico bizzarro e originale come pochi se ne sono visti in uno shooter. crogiuolandosi tra visioni biomeccaniche steampunk di teste impiantate in corpi di carne e ferraglia arruginita, di pistoni che pompano dentro muscoli laceri di esseri immondi grondanti pura malvagità da ogni parte, l'allucinante viaggio del protagonista alato, chiamato a riportare la luce in un mondo sprofondato nelle tenebre più cupe, passa attraverso un calvario di mostruosità da far impallidire perfino quelle concepite da maestri del terrore come Lovecraft. non si era mai visto nulla di simile in uno shooter prima di Gynoug, soprattutto messo in scena con così grande perizia tecnica e musicato con altrettanto stile e gusto per il dettaglio. sì perchè la colonna sonora rimane quanto di meglio si possa sentire provenire dallo Zilog 80 (chip audio del Genesis), qui spremuto al limite delle possibilità per dare vita a un affresco sonoro ricco di sfumature musicali, da brani epici imperniati su potenti giri di basso, a tetre litanie techno, fino alle sinfonie classico-barocche andando giù a suon di clavicembalo e contrappunto bachiano con repentini cambi di ritmo una volta superata la metà di ogni livello. in una parola: sublime. ma la terribile carrellata delle varie forme nemiche non ha fine e in un macabro valtzer di gironi infernali continuano a susseguirsi calamari giganti, nuovole rianimate piangenti sangue, gargoyle medievali, ammassi di teste mozzate, dragoni antropomorfi, demoni di ogni sorta e creature infernali difficilmente catalogabili. il tutto in ambientazioni che da esterne quali grotte, vallate, abissi marini, scandite sempre dallo scontro con inquietanti boss di metà e fine livello, mutano, cedendo il posto ad antri asfittici e claustrofobici come fabbriche arruginite pulsanti morte ovunque e in cui il male pullula generando il male stesso, riproducendosi in incubi sempre più aberranti che finiranno per sfociare nell'orrore acme della carne viva in un ritmo di gioco sempre più serrato (vedi il penultimo stage). da qua in poi il buio si dissolverà lentamente lasciando spazio ad un barlume di speranza: le ultime orde nemiche saranno spazzate via e poi pochi secondi di quiete precederanno lo scontro finale per riscattere un mondo altrimenti senza più futuro. ed è questa la grandezza di un titolo come Gynoug, concepito in un'era ancora lontana da facili compromessi come quelli offerti dai moderni videogiochi per le masse: l'assoluta certezza che un' autentica aura di eroicità e di epico fulgore ci possano ricoprire una volta superato l'arduo compito di essere passati (quasi) indenni tra le sue viscere, quelle infette del male più assoluto.





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